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Lessico Mereu
Lessico e semantica (30102186)
Università degli Studi Roma Tre
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Lessico, semantica e pragmatica
Professoressa Mereu
Cosa si intende per semantica e per pragmatica? Semantica: livello di analisi che si occupa del significato delle espressioni linguistiche. Pragmatica: è il livello di analisi che si occupa del linguaggio come comunicazione. (Espressioni linguistiche: tutto ciò che si produce)
Livelli di analisi (dal basso verso l’alto):
- Fonetica e fonologia: studio dei suoni. Per capire e produrre il linguaggio servono gli organi. Questo individua una serie di unità che sono i foni e i fonemi (casa: c, sa)
- Morfologia: la maggior parte delle parole hanno una struttura interna: radice e desinenza (cas: radice; a: morfema grammaticale).
- Sintassi: frase
- Lessicale: parole
- Semantica: contiene due parti: delle parole e della frase
- Frasale: frasi/enunciati
- Pragmatica: studio del linguaggio inteso nel senso della comunicazione. Non si può studiare la pragmatica se non si conosce la semantica; non può studiare la semantica senza conoscere la sintassi.
Definizione di sintassi: è il livello di analisi linguistica che si occupa dell’organizzazione della frase (F), cioè del modo in cui le parole si combinano dando luogo ad una frase. Esempio: “Luigi è uscito.” Cosa è una frase: sin dai tempi di Aristotele si considera F un insieme costituito da una predicazione e qualcosa di cui si predica, o un predicato (Pred) e un soggetto (Sogg). Non si ha frase se non si ha un soggetto e un verbo. Predicato: ciò che si dice a proposito di un soggetto. Soggetto: ciò di cui si parla. Possono esserci delle frasi nominali in cui il verbo può non esserci: Esempio: “Simpatica Maria”. Le lingue costituiscono la frase in modo diverso e ciò che accumuna tutte le frasi è la struttura predicativa e il soggetto che può anche essere assente in quanto sottinteso (“Ha pianto molto”). In alcuni casi può esserci una forma vuota di significato: tramite forma espletiva.
F: un insieme che ha senso compiuto, cioè un’espressione autonoma, dotata di un predicato e un soggetto. Una frase in senso compito ha la possibilità di distinguersi in base a:
Frasi dichiarative: “Luca è uscito”
Frasi interrogative: di tipo si/no (“Hai finito i compiti?”) o di tipo K “Cosa ha comprato Luigi?”
Frasi imperative: “Esci subito di qui”
Frasi esclamative: “Che bel giorno è questo!” In base alla polarità distinguiamo tra:
Frasi affermative: “Luca è uscito”
Frasi negative: “Non ho letto questo libro”
In base alla diatesi possiamo parlare di:
- Frasi attive: “La polizia ha arrestato Paolo”
- Frasi passive: “Paolo è stato arrestato dal poliziotto”
Possiamo inoltre distinguere tra:
- Frase semplice: è data dalla presenza di un solo predicato
- Frase complessa: è data dalla presenza di più predicati o strutture predicative all’interno della stessa frase. Le strutture predicative all’interno di una frase complessa possono essere in rapporto di subordinazione (o ipotassi) rispetto alla frase principale: “Luca ha detto [che il professore è uscito]” Nelle quali abbiamo una frase principale e una frase subordinata o dipendente; oppure possono essere in rapporto di coordinazione come: “Paolo è uscito ed è andato al cinema”. Nelle quali abbiamo due frasi principali poste in relazione dalla congiunzione coordinante e, o altre con altri valori come o, oppure, ma.
Le frasi subordinate possono assumere diverse forme di rapporto con la principale o reggente, possono costituire un argomento della principale dando luogo a frasi completive chiamate anche soggettive e oggettive. Esempio: “E fastidioso trovarsi in mezzo alla folla” vs “Paolo ha detto che ci raggiungerà nel pomeriggio”. Possono costituire complessive oblique: “Paolo avverte i colleghi che il professore terrà la lezione in aula 6”. Come distinguere fra frasi subordinate, complessive soggettive, oggettive e oblique? Attraverso test quali il tipo di pronome interrogativo che introduce la domanda che ha come risposta la frase subordinata o anche la sostituzione della frase subordinata con una pro-forma.
Sono frasi subordinate argomento del verbo anche le frasi interrogative indirette: Esempio: “Paolo si chiede chi è l’uomo col cappello” (K) oppure “Luisa non sa se l’amica è partita” (si/no). La frase subordinata può essere anche una frase non richiesta dal verbo della principale cioè una frase circostanziale o avverbiale che si limita ad aggiungere informazioni di tipo:
- Temporale: “Paolo è uscito quando ha smesso di piovere”.
- Causale: “Luca è tornato dalle vacanze perché ha finito i soldi”.
- Altro: “benche fosse brullo l’attore recitò benissimo”.
Definizione di subordinate relative: frasi subordinate che non costituiscono argomenti della frase principale, ma hanno la stessa funzione di un aggettivo con funzione attributiva, cioè aggiungono informazione ad un nominale cui si riferiscono. Sono adiacenti ad un nominale che costituisce l’antecedente della relativa e che sono introdotte dalla forma “che” o da un pronome relativo come “il quale”.
Un obliquo è anche un raggruppamento di parole simile al SN: a. “Paolo ha reostato un libro a Maria” b. “Paolo ha regalato un libro a una ragazza” c. “Paolo ha regalato un libro ad un’amica romana” Gli obliqui hanno la stessa struttura interna dei SN precedenti, in più sono introdotti da una preposizione (P), sono quindi anch’essi dei sintagmi che possiamo chiamare sintagmi preposizionali (SP).
Semantica della frase: Per studiare la semantica della frase è necessario non solo conoscere la semantica e l’organizzazione lessicale ma anche la relazione di questioni fra sintassi e semantica. Dobbiamo partire dall’interfaccia tra sintassi e semantica. Il verbo è l’elemento centrale della frase: richiede un certo numero di elementi che costituiscono i partecipanti all’evento che esso esprime. In tal modo la frase o l’enunciato viene a costituire un messaggio di senso compiuto.
Definizione di frase: unità della sintassi Definizione di enunciato: qualsiasi messaggio dotato di senso compiuto, dal messaggio mono-parola all’intera frase. 3 risorse grammaticali diverse per individuare chi fa che cosa (a chi):
- Il caso morfologico
- Ordine sintattico
- L’accordo sul verbo Queste risorse possono anche sovrapposi nelle quali sia l’accordo che l’ordine pre-verbale del soggetto concorrono.
Termini grammaticali o sintattici: Termini che riguardano la morfo-sintassi di una lingua riferimento ai componenti della frase, cioè alle funzioni o relazioni grammaticali tra gli altri: soggetto, complementi. Come caratterizzare le funzioni grammaticali? Soggetto: sintagma nominale “Il ragazzo di Francesca è partito” Oggetto: SN “Luisa ha incontrato il ragazzo di Francesca” Complemento indiretto: SP “Paolo ha regalato un libro”
Come definire le funzioni di soggetto, oggetto e oggetto indiretto?
- “Paolo ha subito un incidente” (il soggetto non è mai la persona o l’entità che compie l’azione)
- “Il ragazzo di Francesca è stato fermato da Luisa”
- “Paolo guarda la strada” (il soggetto non è mai la persona o l’entità che compie l’azione)
Caratteristiche del soggetto: è il costituente con cui il verbo si accorda, è il costituente nominale pre-verbale. Caratteristiche dell’oggetto: il costituente nominale che non si accorda e occupa la posizione post-verbale.
Costituenti nominali: si tratta di raggruppamenti sintattici, cioè di elementi che stanno insieme e che prendono il nome dalla Testa o elemento senza il quale il sintagma non sussiste, il N nel caso del SN e la preposizione nel cado del SP.
Definizione di funzioni grammaticali: basate su definizioni formali, solo sulle proprietà morfologiche e/o sintattiche. Definizione di funzioni semantiche: la persona o l’entità che compie l’azione, che ora possiamo chiamare Agente, o la persona o l’entità che subisce l’azione, o Paziente. Schematicamente:
- Costituenti: SN, V, SP, SA, F, SV
- Funzioni grammaticali: soggetto, predicato, oggetto, indiretto, complemento frasale...
- Ruoli semantici: agente/altro, predicato, paziente/altro, destinatario/altro...
Funzioni grammaticali: Nella linguistica moderna non si mescolano etichette sintattiche e semantiche. Si distinguono di solito a livello sintattico le seguenti funzioni grammaticali: soggetto, predicato, complemento oggetto, complemento oggetto indiretto, obliquo.
Definizione di ruoli semantici: descrive la relazione che un argomento intrattiene con il verbo cui fa riferimento nella frase. Definizione di agente: il ruolo di chi compie l’azione volontariamente, come il soggetto Luigi in: “Luigi ha salutato Francesca”. Se il soggetto non implica un’entità che compie l’azione o che controlla il processo, possiamo parlare di attore come “Luca ha incontrato Maria”. Definizione di esperiente: il ruolo dell’entità animata che prova stati d’animo, sentimenti o stati cognitivi come il soggetto di verbi come: pensare, sentire, amare o l’obliquo in: “A Paolo piace Luisa” o l’oggetto in “Claudio ha spaventato Francesca”. Con i verbi che esprimono stati d’animo si distingue anche il ruolo di stimolo: l’entità che genera lo stato d’animo o la sensazione. Definizione di strumento: l’entità, in genere inanimata, per mezzo della quale l’agente compie l’azione come: “Luigi ha spaccato la finestra con il pallone” oppure “I Canadair hanno spento l’incendio”. Definizione di benefattivo: detto anche Beneficiario o Destinatario o il Ricevente, l’entità animata a beneficio della quale si compie l’azione come “Luca ha offerto una birra a Luisa”. Definizione di paziente: l’entità su cui ricade l’azione del verbo come “Paola ha colpito il suo amico” oppure “Gianni ha subito un furto”. Definizione di tema: il ruolo dell’entità il cui moto, luogo, stato o cambiamento di stato è specificato dal verbo. Esempio: “Il sasso è rotolato lungo il pendio”. Cè una tendenza generale a considerare tema come ruolo per difetto, quindi, nella letteratura linguistica il concetto di tema si è esteso anche a qualsiasi oggetto del quale non si può dire che subisca l’azione del verbo. Definizione di locativo: indica il luogo in cui si trova un’entità come l’obliquo in “Il gatto è in giardino”. I complementi locativi sono vari:
Provenienza: “Paolo viene da Verona”
Meta: “La ragazza ha portato la madre dal dentista”
Verbi a un solo attante o mono-valente: “Paolo cammina/sta camminando”
Verbi a due attanti o bi-valenti transitivi: “Il ragazzo legge il libro” o intransitivi: “Luca è andato a Milano”
Verbi a tre attanti o tri-valenti transitivi: “Lucia ha offerto un caffè all’amica” o intransitivi “Il padre ha parlato di politica al figlio”
Verbi a quattro attanti o tetra-valenti: “Luigi ha tradotto la versione dal greco al latino” Esempi riassumendo:
Piovere: V
Camminare: SN V
Leggere: SN V SN
Andare: SN V SP
Offrire: SN V SN SP
Parlare: SN V SP SP
Tradurre: SN V SN SP SP
Tesnière: nota le difficoltà di distinguere tra attanti circostanziali: l’attante fornito dell’indice numerale più alto,..., il terzo attante, presenta alcune caratteristiche dei circostanziali. Al contrario, alcuni circostanziali mostrano con gli attanti alcune analogie che portano a considerare attentamente i criteri che ci permettono di separare gli attanti dai circostanziali.
Chomsky e la Struttura Argomentale: Chomsky attraverso la Grammatica Generativa permette di rappresentare la struttura argomentale tenendo conto del rapporto tra lessico e sintassi: ciò che permette di enumerare tutte le frasi grammaticali è quello il componente sintattico che è costituito da regole che servono per costruire le frasi a partire dai costituenti sintattici e dal lessico.
Il lessico: è una lista di parole e si tratta di un informazione che specifica per ogni parole la categoria lessicale e il materiale sintattico con cui le voci lessicali sono in relazione. Per i verbi il materiale è costituito dai costituenti della frase dati dal verbo e si trova in un componente lessicale, ovvero: un insieme di entrate lessicali (EL) Esempio: Paolo parte -> El costituite da “Paolo” e “parte”.
Interfaccia tra sintassi, lessico e semantica: Il piano semantico permette di identificare l’argomento corrispondente ad ogni sintagma sottocategorizzato dal verbo. Questo argomento porta un ruolo semantico e fa parte di una struttura semantica, cioè da predicato e argomenti.
Argomento: ciascuno dei partecipanti richiesti dal verbo. Partendo dalla sottocategorizzazione dei verbi e delle regole sintattiche che costruiscono gli alberi, arriviamo alla selezione semantica e alle rappresentazioni semantiche: <Agente> <Agente, Paziente> <Agente, Tema, Benefattivo>
Il rapporto tra la selezione-c e la selezione-s è regolato dal Criterio-0 dove 0 sta per ogni ruolo semantico. Il Criterio 0 è un principio universale della Grammatica Generativa (GG) che afferma che ad ogni argomento viene assegnato un solo ruolo 0 e ogni ruolo 0 viene assegnato a un solo argomento. Questo criterio garantisce la corrispondenza tra la struttura sintattica e la struttura semantica.
Principio di Proiezione Estesa: tutte le frasi devono avere un Soggetto e anche non essendo presente il soggetto della selezione-c del verbo, questo è possibile recuperarlo se non si tratta di un soggetto fittizio.
Il predicato: riguarda il verbo e dobbiamo qui distinguere 2 categorie di verbi:
- Verbi predicativi: sono quelli che portano il predicato che vengono anche chiamati verbi lessicali o verbi pieni.
- Verbi non predicativi: sono costituiti da una copula e da aggettivi o nomi o SN Esempio: Il ragazzo è alto, Paolo è insegnante, Mario è un avvocato.
I predicati sono altamente polisemici, ovvero il solo significato è incompleto e viene riempito usando degli elementi con cui formiamo la frase. Questo rimanda al concetto di contestualità del significato. Esempio: “Aprire” ha significati diversi in base al contesto in cui si usa -aprire una finestra= schiudere -aprire una bottiglia= stappare -aprire il gas= mettere in funzione
Argomento vs Aggiunto:
- Un aggiunto è un elemento facoltativo mentre un argomento è obbligatorio e livello semantico aggiunto modifica il significato del verbo mentre l’argomento completa il significato di questo.
- Gli argomenti sono costituiti da: SN, SP, F. Esempio: Paolo ha incontrato l’amica di lucia, il professore ha parlato dei predicati verbali, Paolo ha pensato di comprare una nuova auto.
Fillmore: negli anni ’70 compie una serie di studi che vanno nella direzione di una semantica della parola applicata al verbo (abbandona la GG): “Gli elementi lessicali devono essere descritti in base al loro significato”. Interessanti sono i suoi studi sui verbi di “hitting” e “breaking”: Un verbo come “break” ha un agente, soggetto animato, che agisce su un paziente, oggetto inanimato, causandone il cambiamento di stato per mezzo di uno strumento, l’obliquo inanimato. Secondo l’autore c’è sistematicità nel comportamento dei verbi di “breaking” e “hitting”, questa è determinata da tutti i verbi che scegliamo di associare a “break” asseriscono che l’oggetto identificato dall’elemento X si suppone sottostia a qualche tipo di cambiamento di stato, questo sembra non valere per gli altri verbi.
Questi verbi formano due sottogruppi:
- Verbi di cambiamento di stato: cioè verbi per i quali l’elemento X, cioè l’oggetto, subisce un cambiamento di stato.
- Verbi di contatto (di superficie): verbi come “hit” e “slap” sono verbi nei quali l’elemento X in posizione di oggetto indica il luogo in cui occorre il contatto.
Levin: anche lui riconosce che invece di partire dalla sintassi sia più opportuno considerare la semantica del verbo. “Il comportamento di un verbo è determinato dal suo significato”. I dati empirici che lei osserva rientrano in due tipologie di fenomeni:
- Alternanze diatetiche, chiamate anche alternanze di valenza: alternanze nell’espressione degli argomenti, talvolta accompagnare da cambiamento di significato.
- Significati estesi: un verbo con l’aggiunta di alcuni elementi viene ad assumere significati aggiuntivi determinando un predicato complesso.
Arriva alle seguenti conclusioni:
- La conoscenza delle proprietà di un verbo da parte del palante va al di la della semplice consapevolezza sulle espressione dei suoi argomenti
- La capacità del parlante di produrre giudizi sottili sui verbi possibili ed effettivi e sulle loro proprietà rende improbabile che tutto quello che un parlante conosce di un verbo sia indicato nella sua entrata lessicale.
Cosa comportano queste osservazioni?
- Classificare i verbi in classi nelle quali a ciascuna di queste identificata semanticamente corrisponde un numero di costruzioni sintattiche e delle alternanze che ogni classe permette.
- Abbandonare l’analisi verbo-centrica tipica della struttura argomentale a favore di un’analisi della frase intera nei termini del significato concettuale che la frase esprime.
Levin e Rappaport: Realizzazioni argomentali multiple: “la possibilità della maggior parte dei verbi di occorrere in una varietà di contesti sintattici”. I verbi devono essere studiati in base al significato concettuale che tutta la frase esprime tenendo conto anche del suo contesto.
Cosa è il contesto?
- Ciò che viene prima e dopo il verbo all’interno della frase, il contesto linguistico
- Ciò che descrive la situazione intorno all’evento verbale, il contesto situazionale Poiché i verbi sono predicati di eventi, una caratterizzazione delle componenti del significato del verbo che sia rilevante per la sua realizzazione argomentale deve essere compresa in una teoria della concettualizzazione dell’evento.
Cosa è la concettualizzazione dell’evento? Eventi: avvenimento le cui proprietà sono lessicalizzate dai verbi, i verbi sono dei predicati che descrivono eventi e i sintagmi che contengono i verbi sono descrizioni di eventi.
Dobbiamo studiare la combinazione verbo-argomenti identificando gli aspetti semantici cognitivamente saliente dell’evento sottostante.
Definizione di frame: Fillmore introduce in linguistica alcuni concetti che nascono nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale e della Psicologia Cognitiva che ci dicono: “i significati vanno identificati in relazione a delle scene”.
Scena: è uno dei concetti chiavi dell’Intelligenza Artificiale degli anni ’80. Oltre al termine scena ne vengono introdotti altri quali “frame”, “schema”, “script”, “scenario”. È il termine frame che viene ad assumere per Fillmore il valore di un cover term per tener conto di strutture cognitive ampie che rappresentano scene o situazioni astratte “tali che per capire la struttura semantica del verbo bisogna capire le proprietà di tali scene schematizzate”. Il frame è una struttura concettuale cognitiva evocata da un elemento lessicale. Il frame è una struttura astratta che porta con se ruoli, scopi, sequenze naturali o di tipi di eventi, e tutto il resto dell’apparato che pensiamo sia associato ad esso.
Fillmore è interessato a tradurre in termini linguistici questi concetti, ciò significa far riferimento agli aspetti cognitivi del frame, cioè a qualsiasi percezione, memoria, esperienza, azione, o oggetto coerente identificabile che c’è dietro una parola o una frase.
Il cognitivismo: Fillmore si colloca all’interno di un approccio cognitivi sta allo studio del linguaggio in linea con la corrente di Linguistica cognitiva che si sviluppa negli anni ’80 con Langacker e Baybee. Per Baybee, la grammatica è l’organizzazione cognitiva dell’esperienza di ciascuno con la lingua. Ci dice che è prioritaria la funzione comunicativa del linguaggio piuttosto che i suoi aspetti formali. Ciò significa analisi di dati frutto delle reali esperienze linguistiche dei parlanti di una lingua corrispondenti a bisogni comunicativi.
Profilo di parola: concetto interessante introdotto da Langacker corrisponde a quella parte della base concettuale della parola o frame semantico che emerge come il focus specifico di attenzione nella sua immediatezza. Molte parole
Esempio: “Paolo ha dato a Gianni le chiavi della macchina/Paolo ha dato a Gianni le chiavi”.
Analisi comparativa: Costruzione più diffusa: transitiva bi-argomentale che mostra che l’evento di transazione commerciale ha in primo piano colui che compra/vende/paga e la merce soggetta a transazione. Seconda costruzione più usata: transitiva tri-argomentale per il quale la struttura è superata dalle costruzioni con diatesi passiva e media. Il terzo della costruzione tri-argomentale, l’obliquo, può corrispondere a più ruoli del frame semantico. Questo comprende ruoli che vengono considerati degli aggiunti, quali lo Scopo o il Beneficiario. In ogni caso il frame semantico è qualcosa al di sopra della sequenza di ruoli semantici di memoria.
Comprare e vendere: Per il verbo vendere notiamo che la costruzione riflessiva è pochissimo presente mentre è più presente col verbo comprare. Espressioni come:
- “Quel form non vende un cavolo”
- “La violenza non paga”
- “L’oro non compra la vita” Possono essere considerate formule che i parlanti usano per rendere più efficace e incisiva la comunicazione, soprattutto in contesti il tuo scopo comunicativo è esprimere considerazioni di tipo valutativo o moraleggiante. I pochi dati sulle strutture a quattro argomenti ci dicono che non è sempre vero che i verbi, in particolare quelli di transazione commerciale, siano da considerare come strutture bi o tri argomentali.
L’approccio costruzionista ci ha permesso di scoprire per i verbi di transazione commerciale una gamma ampia di possibilità espressive date da schemi distribuzionali diversi connessi a elementi del frame semantico, sulla base degli elementi caratterizzanti i singoli eventi. Molti dei problemi relativi alla identificazione della struttura argomentale dei verbi, la distinzione tra argomenti obbligatori e facoltativi, viene superata. Non solo abbiamo riscontrato che i verbi analizzati possono dar luogo a costruzioni mono, bi, tri, tetra argomentali e a schemi con elementi non canonici o marginali, ma essi possono presentarsi anche con alternanze e realizzazioni multiple degli argomenti. Quindi, siamo in grado di affermare che la struttura prototipi dei tre verbi è quella transitiva bi-argomentale.
Relazione tra lingua e contesto non solo linguistico ma extra-linguistico, cioè il contesto situazionale: La comunicazione umana non è una semplice trasmissione lineare di informazione da una sorgente a un destinatario, ma è necessaria la condivisione del codice che stabilisce una corrispondenza tra messaggi interni del parlante e segnali esterni al soggetto. Ci vuole, però, anche la capacità di andare al di là del codice cogliendo il non detto: le intenzioni del parlante. È essenziale distinguere ciò che viene detto da ciò che viene comunicato.
Definizione di Contesto: il contesto è l’insieme delle coordinate spazio-temporali, cognitive e socio culturali in cui avviene lo scambio comunicativo. Questo significa che il contesto include tutti gli aspetti della situazione comunicativa, ovvero una quantità di informazioni che va selezionata per rendere comprensibile l’enunciato. Il significato emerge quindi sia dalle parole nell’enunciato che dall’uso delle parole negli enunciati.
Grice propone 2 livelli di significato:
- Significato convenzionale: dovuto alla condivisione del codice (semantica)
- Significato conversazionale: dovuto all’uso della lingua in contesto e dall’interpretazione dei parlanti
Per una più ampia definizione di contesto studiamo le sue 3 componenti: -conoscenze condivise -situazione comunicativa -contesto linguistico
Il discorso: Usiamo la parole discorso come termine ombrello per riferirci ai vari eventi linguistici che caratterizzano la comunicazioni, costituiti da un’entità tematica e collocati in un contesto comunicati o sociale. Il discorso è costituito da una sequenza domanda-risposta o da un’intervista con più scambi ma anche una produzione scritta come un romanzo, una favola o un articolo di giornale.
I nomi hanno una funzione referenziale quando evocano elementi della realtà, ma se vengono trovati all’interno di un discorso, allora hanno una funzione referenziale testuale. I nomi possono avere nel discorso anche una funzione allocutiva, ovvero possono richiamare l’attenzione dell’interlocutore. Esempio: Tu quoque, Brute, fili mi? Esempio: Come ti chiami bambina? (La regina che si rivolge ad alice nel paese delle meraviglie) I nomi possono avere né funzione referenziale ne allocutiva e servire da predicati o attributi. Esempio: Paolo è un ingegnere. Paolo è alto.
Nell’espressione referenziale sono codificate le modalità secondo le quali ricorrere al contesto per interpretare il referente tenendo conto di come sono strutturate queste espressioni: i descrittori.
I descrittori dipendono dalle conoscenze semantiche e pragmatiche di vario tipo, infatti per usarli in modo giusto il parlante deve:
conoscere l’intenzione del descrittore (proprietà semantiche che lo definiscono)
sapere se il referente può far parte del descrittore stesso,
Identificabilità: indica la possibilità per i parlanti di identificare un referente in modo univoco.
Esempio: Ho comprato delle mele verdi -> vuol dire che sono identificabili come oggetti in modo univoco non specifico Esempio: Vai al mercato e prendi delle mele verdi -> vuol dire che non sono identificabili come oggetti in modo univoco Oltre all’accessibilità e all’identificabilità un referente deve anche essere attivo. 3. Attivazione: la presenza di un referente all’attenzione dei parlanti nel discorso.
I mezzi espressivi per segnalare il grado di accessibilità dei referenti sono vari:
- Espressioni indicali: pronomi, ellissi (più alto grado di identificabilità e attivazione)
- Descrittori: l’articolo, i dimostrativi, il partitivo (più basso grado di accessibilità).
Schematizzando: Descrittori: SN, N propri, Espressioni indicali o indici L’uso degli uni o degli altri dipende dai diversi gradi di accessibilità, identificabilità e attivazione dei referenti del discorso. I movimenti referenziali fanno parte delle più generali mosse comunicative messe in atto nel discorso.
Nelle espressioni indicali: il significato è una specie di insieme di istruzioni che ci dicono in che modo cercare il loro riferimento nel contesto. Esempio: “Mario ha visto Luigi e lo ha salutato” Il clitico “lo” va a cercare a quale espressione referenziale rimanda nel contesto linguistico precedente o nel contesto di situazione. Dobbiamo distinguere due modi in cui usiamo le espressioni indicali introducendo i concetti di:
- Deissi: indica le coordinate spazio-temporali della situazione in cui si sta svolgendo l’evento comunicativo, il movimento di enunciazione. Si tratta degli elementi indicali deistici io/tu, qui/li, oggi/ieri/ora, questo/quello che funzionano come segnali indicatori di orientamento rispetto agli elementi nella situazione comunicativa. Il sistema di coordinate si chiama campo indicale. Ciascuno ha il suo centro o origine enunciativa, o origo (ego, hic et nunc=io, qui e ora). Si distingue fra: A. origo personale: io/tu, lui/lei, mio/tuo B. Origo spaziale: che identifica la posizione occupata dal parlante nel momento di enunciazione come qui/li o qua/là. C. Origo temporale: identifica il tempo rispetto al momento dell’enunciazione ora/ prima/dopo o ieri/oggi/domani. Fa parte del campo indicale anche la distinzione tra tempo passato/presente/futuro. Hanno orientamento deittico i dimostrativi questo/quello e i verbi andare/venire.
La deissi sociale è stabilità in relazione alla segnalazione dei rapporti sociali reciproci tra gli interlocutori nel discorso in atto. Esempio: gli allocutivi tu e lei indicano il tipo di rapporto sociale in termini di intimità e simmetria vs distanza gerarchica relativa ai parametri dell’età, del sesso e del ruolo sociale dei partecipanti al discorso in atto.
La deissi testuale si ha quando usiamo la parola “qui” per cominciare un testo. Nel testo l’origo non è data dalle coordinate in cui si trovano gli interlocutori in uno scambio comunicativo, ma dalle coordinate del testo stesso che il mittente sta producendo perché sia interpretato da un ascoltatore o lettore. Sfrutta il riferimento deittico spaziale e temporale nel campo indicale del testo stesso.
Durante una conversazione il centro deittico dei vari campi indicali muta, ognuno dei parlanti assume come origo se stesso e questa operazione si chiama: traslazione dei campi indicali. La traslazione è motivata dalla presenza di due momenti enunciativi diversi: A. Quello del parlante nella conversazione B. Quello dell’individuo di cui si riporta il discorso Questa traslazione del campo deittico è molto usata nel linguaggio infantile sia dalla mamma che dal bambino.
- Anafora: si ha quando alcune espressioni del testo richiedono il rimando a qualcos’altro che è stato detto o scritto, di solito rinviando al testo precedente, quindi il concetto linguistico che precede. Quando il riferimento di un’espressione linguistica è vincolato al riferimento di un’altra espressione linguistica, si ha un rapporto antecedente-anafora. Meno frequente in un testo può comparire prima l’anafora e poi il riferimento cui questa rinvia, in questo caso si ha una catafora. Esempio: “Dopo che è uscito, Carlo, ha incontrato un amico” Il referente del soggetto della frase subordinata temporale è Carlo che viene dopo. In questo caso l’ellissi del soggetto, che è una forma pronominale vuota (anafora zero), rimanda in avanti nel testo ed è una catafora.
Mezzi linguistici o marche anaforiche/cataforiche sono date da: A. Ellissi o anafora zero B. Aggettivi come “successivo” o “precedente” C. Avverbi come “prima” o “dopo” o “qui” e “là” D. Pronomi di 3 persona
- Anche i descrittori possono fungere da espressioni anaforiche: Esempio: “C’era una volta un re, dalla lunga barba; il sovrano aveva tre figlie” Sovrano è un descrittore e nella frase è sinonimo di re, usato per rimandare a re.
- Anche gli incapsulatori possono costituire riprese anforiche, sono descrittori che rimandano ad eventi o situazioni invece che a singoli referenti.
- Quando si hanno anafore personali o referenziali la relazioni tra antecedente e l’espressione anaforica è di coreferenza, si ha un’identità di riferimento.
- Si parla di anafora associativa o semantica o referenza implicita quando un antecedente introduce il quadro di riferimento o frame rispetto al referente testuale. Esempio: “Lavate i pomodori e tagliateli. Eliminate i semi” In “semi” non riprende direttamente i pomodori ma implicitamente viene associato a quest’ultima entità tramite la conoscenza implicita o il frame che rimanda al rapporto tra le due entità.
Gli enunciati sono costruiti secondo un crescendo dinamismo comunicativo, dall’informazione nota e condivisa verso l’informazione nuova ed inattesa.
Vediamo come si concretizza l’interazione tra sintassi e pragmatica:
- Ordine sintattico: soggetto-verbo-oggetto
- Struttura sintattica: SN-V-SN
- Struttura semantica: agente-predicato-(altri ruoli semantici)
- Struttura informativa: (dato)-nuovo; (topic)-focus
Per Focus: intendiamo l’informazione che il parlante assume come non condivisa dall’ascoltatore, cioè l’informazione nuova oppure contrastiva. Per Topic: intendiamo l’informazione nella frase condivisa dal parlante e dall’ascoltatore. Esempio: “Pietro leggeva un libro” La prima parte può essere interpretata come soggetto, agente e topic mente ciò che segue come focus, oppure tutta la frase può essere interpretata come focus costituendo in questo caso un focus esteso.
Nella frase “Piero ha investito un cane” A. Cosa è successo? Frase= focus esteso B. Che cosa ha fatto Piero? Topic= Piero; Focus= ha investito un cane C. Che cosa ha investito Piero? Topic= Piero ha investito qualcosa; Focus= un cane D. Chi ha investito un cane? Topic= qualcuno; Focus=Piero E. Piero ha investito un gatto? Focus= un cane Laddove non c’è sovrapposizione tra la sequenza sintattica e pragmatica, in quanto non si ha corrispondenza tra soggetto e topic o la frase non esprime un focus esteso, si hanno frasi marcate. In italiano possiamo avere marcatezza fonologica e marcatezza sintattica quando uno o più costituenti vengono emarginati o dislocati in posizione periferica rispetto al nucleo familiare. Sono possibili vari tipi di costruzioni marcate sintatticamente.
Costruzioni sintatticamente marcate in italiano: Alcune delle costruzioni sono casi di topicalizzazione, altri sono casi di focalizzazione.
- Dislocazione a sinistra: “Il libro Piero lo ha comprato”, immaginiamoci uno scambio comunicativo che porti un parlante a pronunciare l’enunciato: A. Ho visto Piero con in mano un nuovo libro. Chissà se qualcuno gliel’ha regalato. B. Il libro lo ha comprato. L’elemento Topic, cioè l’informazione condivisa fra A e B non è il soggetto ma l’oggetto. Per mantenere la sequenza Topic-Focus è necessario che l’oggetto venga spostato a sinistra, poi B fa una pausa, poi viene espresso il soggetto o un pronome pieno (lui) o un pronome vuoto e, infine, il predicato. L’oggetto Topic viene comunque ripreso dal clitico lo, a dimostrazione del fatto che l’oggetto è Topic.
Invece dell’oggetto, possiamo avere dislocazione a sinistra anche di un obliquo o anche oggetto indiretto. Esempio: “A Piero Luisa gli ha regalato un libro” oppure “Al cinema Luisa ci va domani” Oppure possiamo avere un Topi multiplo (Piero + le chiavi + a Luisa): “Piero, le chiavi a Luisa gliele ha date” La dislocazione a sinistra è un fenomeno di topicalizzazione, in altre parole il SN o SP dislocato a sinistra è un Topic marcato, proprio perché viene spostato dalla sua posizione canonica.
Le dislocazioni a sinistra si hanno quando un costituente diverso dal soggetto diventa il Topic a sinistra mentre il resto della frase costituisce l’informazione nuova. Queste hanno le seguenti proprietà:
- Costituente spostato a sinistra
- Il costituente spostato è connesso col resto della frase tramite ripresa pronominale costituita da un pronome clitico sul verbo; se il costituente è un complemento indiretto o obliquo, viene spostato tutto il SP e la ripresa pronominale è facoltativa.
- Si possono avere pause virtuali dopo il costituente dislocato
- Più costituenti possono essere dislocati, in tal caso si parla di Topic multipli
Esempio: “Paolo ha messo il libro sul tavolo” (frase neutra), da questa possiamo avere le seguenti dislocazioni:
Sul tavolo, Paolo vi ha messo il libro
Il libro, Paolo lo ha messo sul tavolo
Paolo, sul tavolo, il libro, ce lo ha messo
Il libro, sul tavolo, Paolo ce lo ha messo Un unico caso in cui il soggetto è visibilmente dislocato a sinistra si ha quando esso è separato dal verbo da altri costituenti a loro volta dislocati a sinistra: A. Pietro, al cinema, ha incontrato Luisa B. Pietro, al cinema, lui vi ha incontrato Luisa Sia il soggetto che il SP locativo sono dislocati a sinistra, quindi abbiamo di nuovo un Topic multiplo.
Tema sospeso: “Giorgio, ne hanno parlato bene”, dalla frase neutra (hanno parlato bene di Giorgio), dislocazione a sinistra (Giorgio, ne hanno parlato bene). Il tema sospeso è un fenomeno di topicalizzazione, quindi di nuovo è un Topic marcato. Esso presenta alcune proprietà sintattiche diverse da quest’ultimo: A. Se il costituente in questione è un SP, questo non è accompagnato da preposizione, si ha un SN ad inizio di frase B. La ripresa pronominale non è costituita solo da clitici, ma anche da pronomi indipendenti, o da SN con valore analogico, ma può anche non esserci C. Anche in questo caso si hanno pause virtuali D. Il tema sospeso occorre solo a sinistra, quindi ad inizio frase, mai a destra o a fine frase, non è mai multiplo.
Esempi: “Giorgio, ne hanno parlato bene”, “Giorgio, hanno parlato bene di lui”, “Giorgio, hanno parlato bene di quel furbacchione”
Lessico Mereu
Corso: Lessico e semantica (30102186)
Università: Università degli Studi Roma Tre
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