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Semantica e pragmatica lezione 1

Che cos’è la sintassi di base
Corso

Lessico e semantica (30102186)

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Anno accademico: 2022/2023
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Semantica e pragmatica -lezione 1

Che cos’è la semantica e cos’è la pragmatica?

Che cos’è la semantica? La semantica è il livello di analisi che si occupa del significato delle espressioni linguistiche, siano esse parole o espressioni più complesse aldilà della singola parola.

Che cos’è la pragmatica? La pragmatica è il livello di analisi che si occupa del linguaggio come comunicazione: il linguaggio, e in particolare le lingue di cui disponiamo sono dei sistemi complessi articolati in più livelli, per questo la semantica e la pragmatica sono anch’essi dei livelli di analisi. Queste definizioni presuppongono che sappiamo cosa sono questi livelli di analisi in cui sono articolate le lingue del mondo, quindi ripassiamo i livelli di analisi cominciando dal più basso fino ad arrivare al più alto (quindi dalle unità più piccole a quelle più grandi)

Livelli di analisi A partire dal più basso abbiamo quello della fonetica e della fonologia, cioè lo studio dei suoni —> le unità di base per la fonetica sono i foni, mentre per la fonologia è il fonema

Poi abbiamo la morfologia, ovvero lo studio della struttura interna della parola che è formata appunto da unità costituite da morfemi

E poi la sintassi che è lo studio della combinazione di parole fino ad arrivare ad una frase, quindi l’unità base della semantica è la frase

Poi abbiamo la semantica che è articolata in:

Semantica delle parole, quindi semantica lessicale, cioè semantica che ha come unità di studio la parola

Semantica delle frasi, che studia gli enunciati o le frasi, e quindi che ha come unità la frase o l’enunciato.

La pragmatica, invece, che è lo studio del linguaggio come comunicazione, ha unità gli enunciati che non sono altro che dei messaggi comunicativi, cioè dei messaggi di senso compiuto—> messaggi comunicativi possono coincidere con singole frasi o enunciati. Ma la pragmatica si occupa anche di qualcosa che va aldilà del singolo enunciati, quindi di messaggi comunicativi costituiti da testi.

L’importante è capire che non si può studiare la pragmatica se non si conosce la semantica, e non si può studiare la semantica senza conoscere la sintassi—> quindi iniziamo il corso introducendo un po’ di sintassi prima di affrontare gli altri due livelli di analisi. Cominciamo il nostro studio dal capitolo 2 del libro “la sintassi delle lingue del mondo”

Partiamo dalla definizione di sintassi, contenuta nel libro, che spiega la sintassi come il livello di analisi linguistica che si occupa dell’organizzazione della frase (F), cioè del modo in cui le parole si combinano dando luogo ad una frase.

Cosa vuol dire studiare la sintassi di una lingua? Vuol dire in primis studiare cos’è una frase, poi andare a studiare quali sono gli elementi di una frase, quindi come è articolata una frase, ed infine andare ad analizzare quali sono i fenomeni linguistici che appartengono al dominio di frase in quanto fenomeno sintattici.

Occupiamoci della prima domanda: che cos’è una frase? Questo si sa da molto tempo, da prima dell’avvento di Cristo, perché la filosofia greca e la filosofica classica, considerava la frase un insieme costituito da un predicato o una predicazione, e qualcosa di cui si predica —

> quindi un predicato e un soggetto—> il soggetto è ciò di cui si predica o ciò di cui si parla, mentre il predicato è ciò che si dice a proposito di un soggetto.

Soggetto e predicato quindi possono assumere la forma rispettivamente di un verbo (V) di modo finito e di uno o più nominali, ma non necessariamente:

Come vediamo nella frase (1)—> Paolo parte, è costituita da un soggetto che è costituito da un nome solo (Paolo, nome proprio) e il predicato costituito da un verbo solo, cioè “parte”—> questa è la frase minima che possiamo incontrare costituita da due parole.

Un verbo o modo finito si dice finito quando ha forme diverse per determinare la persona e il numero del verbo: mang-erò (1 persona singolare:io); and-assimo (1 persona plurale: noi); I modi finiti sono: l’indicativo, il congiuntivo, il condizionale e l’imperativo.

Nell’esempio della frase (2) Luca deve Maria, invece, è formata da un elemento nominale come soggetto (Luca), un elemento verbale come (vede), e poi un elemento nominale (Maria) —> questo è un caso di frase transitiva.

La terza frase è una frase interessante: (3)—> ha pianto molto —> che cosa manca in questa frase? In questa frase manca il soggetto, anche se sappiamo che per l’italiano il soggetto può essere sottinteso, quindi possiamo considerare frase anche qualcosa che non ha il soggetto, cioè che ha il soggetto sottinteso—> il che vuol dire che non è che non c’è, ma che non è portato in superficie, non è realizzato foneticamente, ma c’è— > è qualcosa che corrisponde a lui o lei “ha pianto”. In più, c’è anche un avverbio come “molto”, che in questo caso non è necessario per formare una frase perché quello che è necessario è il soggetto, che può anche essere sottinteso, ed il predicato.

Un’altra frase interessante è la (4)—> “Nevica.” Perché è interessante? Perché “nevica” è un verbo meteorologico, che in italiano è impersonale, quindi qui in italiano diremmo che non c’è nemmeno un soggetto sottinteso, quindi potremmo dire “allora non è vero che la frase minima è fatta da soggetto e predicato”—> per questo motivo, guardiamo ad altre lingue come l’inglese e il francese: (5) It is snowing—> nella traduzione di “nevica” in inglese abbiamo un soggetto obbligatorio, ancor che costituito da un elemento fittizio o pleonastico “it”—> “it” è un pronome fittizio, un espletivo, che serve per indicare la posizione di soggetto.

La stessa cosa succede in francese (6) “Il pleut”—> piove sempre, ma quello che è importante è che la struttura della frase in inglese e in francese ha sempre comunque un soggetto, quindi vuol dire che anche per “nevica” comunque dobbiamo contemplare un soggetto che non viene in superficie, ma è quello che dà luogo per esempio all’accordo di terza persona, proprio perché noi non diciamo “nevicano o nevico”, ma diciamo “nevica”’ quindi c’è comunque un pronome espletivo di terza persona con cui “nevicare” si accorda.

Poi, guardiamo invece la frase in (7) a: “simpatica Maria” —> questa è una frase che molto spesso può capitare di sentire nel parlato e non nello scritto, perché nello scritto noi dovremmo dire (7) b, cioè “Maria è simpatica.”—> allora vediamo che esistono anche delle frasi che apparentemente sono prive di verbo, infatti 7 a si dice essere una frase “nominale”, ma sotto nella 7b c’è il verbo “è”, quindi una frase costituita da un verbo particolare chiamato “copula” + l’aggettivo “simpatica” che è l’elemento che da il predicato alla frase, infatti nella grammatica tradizionale “Maria è simpatica” è costituita da un predicato detto nominale, perché la copula che è l’elemento verbale non porta il predicato.

Notiamo ancora, che se prendiamo un’altra lingua come l’arabo, una cosa come “Maria è simpatica” può essere data solo da una frase nominale, cioè in (8) R-rajul-u mariid-un che vuol dire “l’uomo è malato”, noi abbiamo l’articolo+ uomo+ il caso nominativo, non abbiamo una copula, ma abbiamo un aggettivo “malato”

  • il caso nominativo—> quindi al presente, in arabo, una frase completa può anche essere solo nominale.

prima chiudo f2 con la parentesi quadra, poi f1 con la parentesi quadra seconda—> questa è una frase complessa costituita da due predicati.

Facciamo un altro esempio (18) [f1 sono andata via [f2 perché Paolo facesse i compiti da solo]] —> sia “Luca ha detto” e sia “sono andata via” sono dette “ frasi principali”, sono le frasi matrici che aprono, o dentro le quali, c’è la f2.

F1 —> frase principale F2—> frase subordinata o dipendente (alcuni nella grammatica tradizionale la chiamavano “secondaria” La frase complessa può essere anche data da un rapporto di coordinazione, o paratassi—> che cosa succede con la coordinazione? Un esempio lo vediamo in (19) [f1 Paolo è uscito] ed [f2 è andato al cinema] —> qui abbiamo una prima frase che è f1 che però richiudo subito perché non contiene nessun’altra frase dentro, quindi richiudo alla fine; poi c’è la congiunzione “e” e poi riapro un’altra frase con un’altra parentesi con “è andato al cinema” e richiudo f2. Questa frase complessa è comunque complessa, perché è come se ci fosse un f3 che contiene f1 e f2 insieme —> in questa frase f3 abbiamo due frasi principali poste in relazione dalla congiunzione coordinante “e”, ma posso avere anche altre congiunzioni come “o”, “ma”, “oppure”, “dunque”.

La coordinazione può anche non essere solo di frasi, si può anche avere la coordinazione di due nomi come “Paolo e Lucia”, o la coordinazione di due verbi “Paolo e Lucia sono andati al mercato e hanno ...”—> qui i due predicati condividono lo stesso soggetto e quindi abbiamo la coordinazione dei predicati.

Andando avanti, dobbiamo entrare un po’ di più nelle frasi subordinate, perché le frasi subordinate possono assumere diverse forme di rapporto con la principale o con la frase che regge (la reggente è un secondo modo per chiamare la principale) la secondaria—> quindi, la frase subordinata può costituire un elemento necessario alla principale, quindi è un argomento della principale, nel senso che è un soggetto o un oggetto della principale, dando luogo a frasi completive che si chiamano tradizionalmente soggettive (20) e oggettive (21).

(20) [f1 È fastidioso [f2 trovarsi in mezzo alla folla]] —> qui non c’è un soggetto, perché il soggetto è costituito dalla frase f2, f2 che può trovarsi sia all’inizio della frase in posizione di soggetto, cioè “trovarsi in mezzo alla folla è fastidioso”, ma quando è costituita da una frase subordinata può stare anche dopo.

Invece, se una frase è argomento del predicato o della principale in quanto oggettiva, abbiamo: (21) [f1 Paolo ha detto [f2 che ci raggiungerà nel pomeriggio]] —> come vediamo qui, “che ci raggiungerà nel pomeriggio” è l’oggetto frasale che dipende dal verbo “dire”, cioè è il contenuto di quello che Paolo ha detto.

Oppure, posso avere anche completive oblique, che non sono né oggettive e né soggettive. (22) [f1 Paolo avverte i colleghi [f2 che il professore terrà la lezione in aula 6]] —> questa frase non può essere l’oggetto, perché l’oggetto del verbo è “i colleghi”, quindi deve essere una completiva obliqua.

Come distinguere tra frasi subordinate completive soggettive, oggettive e oblique? Attraverso dei test o diagnostiche che sono per esempio il tipo di pronome interrogativo che introduce la domanda che ha come risposta la F subordinata, o anche la sostituzione della F subordinata con una pro-forma (o forma pronominale).

Riprendiamo le frasi da (20) a (22):

(20) a. In questo caso, per la frase “è fastidioso trovarsi in mezzo alla folla”, che cosa è fastidioso? La risposta è: trovarsi in mezzo alla folla è fastidioso—> come posso sostituire “trovarsi in mezzo alla folla”? Lo posso sostituire con un pronome che è il pronome soggetto “ciò è fastidioso” ciò= pronome soggetto. Ciò può essere anche oggetto, però appunto in italiano non possiamo dire “è fastidioso ciò”, perché la posizione naturale di ciò in questo caso, essendo un soggetto, è quella prima della copula.

Quindi, non ci sono dubbi che questa è una frase soggettiva; in ogni caso è una frase completiva, cioè è un complemento del verbo o del predicato che in questo caso è nominale.

(21) Paolo ha detto che ci raggiungerà nel pomeriggio. Che cosa ha detto Paolo? Paolo ha detto che ci raggiungerà nel pomeriggio—> come vediamo, c’è già il soggetto Paolo quindi non può essere una soggettiva, e la risposta è appunto ciò che viene detto da Paolo. Se sostituiamo tutta la frase oggettiva con “Paolo lo ha detto”, vediamo che “lo” è una forma pronominale dell’oggetto. Per esempio, se io dico “Paolo vede Luca”, Paolo lo vede, non posso sostituire “Paolo” come soggetto con “Lo Paolo Luca”—> “Lo”sta solo per l’oggetto, quindi questa è una frase completiva oggettiva.

(22) nella frase obliqua, la domanda ha bisogno di una preposizione, per questo si dice che è obliqua. Paolo avverte i colleghi che il professore terrà la lezione in aula 6. Di che cosa avverte i colleghi Paolo? Paolo avverte i colleghi che il professore terrà la lezione in aula 6–> come vediamo il soggetto c’è ed è Paolo, c’è l’oggetto e vediamo la proforma che sostituisce “che il professore terrà la lezione in aula 6” —> il pronome è “ne”, ovvero “Paolo ne avverte i colleghi” o potremmo dire “ne avverte di ciò”—> ne è proprio quella forma pronominale obliqua che si usa anche quando c’è un obliquo nominale come per esempio “Paolo avverte Mario del danno”—> ovvero “Paolo ne avverte Mario del danno”.

Sono frasi subordinate argomento del verbo anche le frasi interrogative indirette: la frase interrogativa indiretta è una frase interrogativa che sta dentro una frase principale che è invece dichiarativa, che non è una domanda, per esempio:

(23) [f1 Paolo si chiede [f2 chi è l’uomo col cappello]] —> quindi, qui vediamo un interrogativa indiretta introdotta dall’elemento K ovvero “chi?”

Possiamo anche avere un’interrogativa indiretta del tipo: (24) [f1 Luisa non sa [ f2 se l’amica è partita]]—> e questa è una domanda si/no, cioè l’amica o è partita o non è partita.

La frase subordinata può essere anche una frase non richiesta dal verbo della principale, quindi non argomento del verbo e non completiva (cioè che non è né il soggetto, né l’oggetto e né l’obliquo di quel verbo), ma è una frase circostanziale o avverbiale (o aggiunta) che si limita ad aggiungere informazioni di tipo temporale (25), causale (26), o altro (27):

(25) Paolo è uscito [F quando ha smesso di piovere] —> se togliamo “quando ha smesso di piovere” abbiamo sempre una frase, ovvero “Paolo è uscito” che è una frase dotata di senso compiuto comunque, non gli manca niente, quindi posso dire che Paolo è uscito senza avere l’aggiunta di “quando ha smesso di piovere”. Quindi “quando ha smesso di piovere” non è richiesta dal verbo, ma è un’aggiunta d’informazione.

(26) Luca è tornato dalle vacanze [f1 perché ha finito i soldi] —> anche qui frase subordinata non argomento, perché “ha finito i soldi” ci dice solamente la causa dell’azione di Luca di tornare dalle vacanze, ma io posso avere una frase di senso compiuto anche senza la causa.

(27) [F Benché fosse brillo] l’attore recitò benissimo —> di nuovo, “l’attore recitò benissimo” è una frase che è dotata di senso compiuto e non ha bisogno di altro materiale. “Benché fosse brillo” è una concessiva.

Ci sono frasi subordinate che non costituiscono argomenti della frase principale, ma hanno la stessa funzione di un aggettivo con funzione attributiva, cioè aggiungono informazione ad (o modificano) un nominale a cui si riferiscono. Si tratta delle subordinate relative che sono adiacenti ad un nominale che costituisce

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Semantica e pragmatica -lezione 1
Che cos’è la semantica e cos’è la pragmatica?
Che cos’è la semantica?
La semantica è il livello di analisi che si occupa del significato delle espressioni linguistiche, siano esse
parole o espressioni più complesse aldilà della singola parola.
Che cos’è la pragmatica?
La pragmatica è il livello di analisi che si occupa del linguaggio come comunicazione: il linguaggio, e in
particolare le lingue di cui disponiamo sono dei sistemi complessi articolati in più livelli, per questo la
semantica e la pragmatica sono anch’essi dei livelli di analisi.
Queste definizioni presuppongono che sappiamo cosa sono questi livelli di analisi in cui sono articolate le
lingue del mondo, quindi ripassiamo i livelli di analisi cominciando dal più basso fino ad arrivare al più alto
(quindi dalle unità più piccole a quelle più grandi)
Livelli di analisi
A partire dal più basso abbiamo quello della fonetica e della fonologia, cioè lo studio dei suoni > le unità
di base per la fonetica sono i foni, mentre per la fonologia è il fonema
Poi abbiamo la morfologia, ovvero lo studio della struttura interna della parola che è formata appunto da
unità costituite da morfemi
E poi la sintassi che è lo studio della combinazione di parole fino ad arrivare ad una frase, quindi l’unità base
della semantica è la frase
Poi abbiamo la semantica che è articolata in:
Semantica delle parole, quindi semantica lessicale, cioè semantica che ha come unità di studio la parola
Semantica delle frasi, che studia gli enunciati o le frasi, e quindi che ha come unità la frase o l’enunciato.
La pragmatica, invece, che è lo studio del linguaggio come comunicazione, ha unità gli enunciati che non
sono altro che dei messaggi comunicativi, cioè dei messaggi di senso compiuto> messaggi comunicativi
possono coincidere con singole frasi o enunciati.
Ma la pragmatica si occupa anche di qualcosa che va aldilà del singolo enunciati, quindi di messaggi
comunicativi costituiti da testi.
L’importante è capire che non si può studiare la pragmatica se non si conosce la semantica, e non si può
studiare la semantica senza conoscere la sintassi—> quindi iniziamo il corso introducendo un po’ di sintassi
prima di affrontare gli altri due livelli di analisi.
Cominciamo il nostro studio dal capitolo 2 del libro “la sintassi delle lingue del mondo”
Partiamo dalla definizione di sintassi, contenuta nel libro, che spiega la sintassi come il livello di analisi
linguistica che si occupa dell’organizzazione della frase (F), cioè del modo in cui le parole si combinano
dando luogo ad una frase.
Cosa vuol dire studiare la sintassi di una lingua?
Vuol dire in primis studiare cos’è una frase, poi andare a studiare quali sono gli elementi di una frase, quindi
come è articolata una frase, ed infine andare ad analizzare quali sono i fenomeni linguistici che appartengono
al dominio di frase in quanto fenomeno sintattici.
Occupiamoci della prima domanda: che cos’è una frase?
Questo si sa da molto tempo, da prima dell’avvento di Cristo, perché la filosofia greca e la filosofica classica,
considerava la frase un insieme costituito da un predicato o una predicazione, e qualcosa di cui si predica