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Storia dell’architettura (Icar 18 )
Università Iuav di Venezia
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ARNALDO BRUSCHI
L 'ARCHITETTURA A ROMA AL TEMPO DI ALESSANDRO VI: ANTONIO DA SANGALLO IL VECCHIO, BRAMANTE E L 'ANTICO AUTUNNO 1499 - AUTUNNO 1503
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algrado che Roma costituisse, idea lmente e con- cretamente con i suoi monumenti, la fonte pri- vilegiata eli ogni riferimento all' a ntico, solo una volta nell'architettura quattroce ntesca romana si era manifestata una vera ripresa dai modelli antichi, libera ma diretta ed originale e, pure se vede la partecipazione di maestri toscani, in certa misura indipendente dall'esempio fioren- tino. Come è noto, ciò era avvenuto a l tempo di P io II e specialmente di Paolo II, tra i primi anni '6o e il 1470 circa e forse p er stimolo e suggerimento dell'Al berti, specialmente nella Loggia delle Benedizioni a San Pietro (fig. 1) iniziata da P io Il, e nel complesso di Palazzo Venezia (fig. 2). •> Ad esempio, nel seaondo p iano del
viridarium d i San Marco il ca pitello ionico non è del- l'allora consueto tipo toscano-brunelleschiano, micheloz- zesco e rosselliniano derivato dal secondo ordine interno del Battistero di Firenze ma, forse per la prima volta in modo così specifico e puntuale, è dedotto direttamente da esemplari romani. Così, la trabeazione co n le mensole inserite nel fregio, pur già liberamente ripresa dall'Al berti nell'ultimo ordine del Palazzo Rucellai e dal Rossellino a Pienza, interpreta direttamente quella dell'ultimo ordine del Colosseo (fig. 3). Questa prima ondata di " classicismo " romano, in parte originale in rapporto alle elaborazioni eli altri centri culturali, si era prolungata, pur stemperandosi in nuove
I -VlENNA, ALBERTINA-MARTIN VAN HEEMSKERCK: VEDUTA DA EST DEL PALAZZO VATICANO CON LE LOGGE PARTICOLARE CON LA DISTRUTTA LOGGIA DELLE BENEDIZIONI, INCISIONE
2 - ROMA, BASILlCA DI SAN MARCO, PORTICO PARTICOLARE
grazie rinascimentali, solo in alcune opere sporadiche; 2 > ma, in architettura, l'interesse per una ripresa diretta dall'antico si era, nell'insieme a Roma, andata via via attenuando - dalla morte dell'Al berti ai primi anni del pontificato di Alessandro VI - mediando ecletticamente modi locali con suggestioni rinascimentali di origine pre- valentemente fiorentina, o, talvolta, urbinate o settentrio- nale. Lo stesso straordinario palazzo di Raffaele Riario 3)
- che pure costituisce il fatto nuovo ed emergente della fine del secolo - presenta nei suoi elementi, se si esclu- dono alcuni particolari, un riferimento all'antico - che pure è presente - quasi nascosto, tanto è sottile, discreto e decantato, quasi da non apparire, a prima vista, evidente nell'immagine d'insieme. Ancora buona parte del ponti- ficato di Alessandro VI - dal 1492 alla fine del secolo - vede diffusi modi architettonici nei quali ogni vero e di- retto riferimento alle antichità romane sembra quasi as- sente o generico o del tutto sporadico. Ed anche se un qualche accento di aulica ed umanistica classicità risuona eccezionalmente 4 ) si tratta, ci sembra, di un ' ' classici- smo " tutto traslato e all usivo, di probabile matrice fio- rentina più che veramente romana. Nè le varie porte urbane fatte costruire da Alessandro VI (fig. 4), nè l'in- sieme dei lavori borgiani a Castel Sant'Angelo (fig. 5), nè la stessa Torre Borgia (1492-94) in Vaticano mostrano mai l'impiego di ordini architettonici classici o di al tri particolari direttamente desunti dall'antico.
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3 -ROMA, PALAZZETTO VENEZIA, VI1UDARIO PARTICOLARE DEL SECONDO ORDlNE
Senza far particolare riferimento alla continuità di una vera tradizione, una notevole accentuazione o ripresa di riferimenti all'antico sembra invece intervenire, in modo nuovo, negli ultimi anni (15oo-1503) del pontificato di Alessandro VI, forse in rapporto con il programma ideo- logico e il tentativo politico di Cesare Borgia. Di fatto, un'importante manifestazione di un clima culturale più intensamente antichizzante è rappresentata, ad esempio, alla fine del febbraio I 500 , dalla celebrazione del ritorno del Valentino, reduce dalle vittorie di Romagna, con l'allusiva sfilata di undici carri rappresentanti il trionfo di Giulio Cesare. s> Esibita ai pellegrini dell'Anno Santo, è già l' ideologia che sosterrà, tra poco, il " classicismo" bramantesco di Giulio II. E forse non a caso, dopo un'in- terruzione di qualche anno, proprio nel 1501 , auspice l'Accademia Romana di Pomponio, riprende in Campi- doglio, la celebrazione ufficiale del Natale di Roma. Del resto ora, ad opera di nobili e di cardinali di grande cul- tura umanistica, collezionisti di antichità, amanti del teatro antico o addirittura interessati a Vitruvio - come Raffaele Riario - sembrano accentuarsi gli stimoli allo studio dell'architettura antica. Dall'interesse lettera r io, antiquario ed erudito, e dai programmi ideologici e po- litici prendono spunto nuove volontà di diretta emulazione delle opere degli antichi, avvicinate con rinnovato inte- resse operativo. In ogni caso, i circa tre anni che vanno dall'estate o dall'autunno del 1499 all'autunno del 1503 furono certa-
6 -PROSPECTIVO MILANESE DEPICTORE: Antiquarie Prospet Romane (1499-1500) FRONTESPIZIO, INCISIONE
stellesi di Corneto (forse da quando il 31 maggio 1500 è nominato cardinale, al 1503). Oltre, e forse più, che da questi incarichi, la fama di Bramante è poi indicata dal- l'essere interpellato, secondo il Vasari, per consigli o parziali interventi progettuali - co me era solito per ar- chitetti di grande fama - da committenti di al tissima qualità: la chiesa spagnola di San Giacomo (1499-1500 c.) da parte dello stesso papa e del cardinal Carvajal (che porrà anche la prima pietra del sacello di San Pietro in Montorio); la chiesa tedesca di Santa Maria dell'Anima (inizio II aprile 1500) la cui prima pietra è posta dal- l'ambasciatore imperiale Matthia L ang. 9 ) È possibile poi che Bramante fosse già noto a Roma anche per i suoi ampli interessi culturali: pure al di fuori della pittura e dell'architettura, nel campo della poesia e della scienza (come si sa era poeta, appassionato di Dante, ed è detto " cosmografo ") e soprattutto per la sua probabile co m- petenza in problemi teorici e d'interpretazione vitruviana. Interessi e competenze (anche probabilmente in rapporto a problemi di allestimento teatrale, a feste e a spettacoli) che dovevano fortemente contribuire a dare alla s ua per-
sonalità - per altri versi dotata di considerevoli capacità pratiche, tecniche ed operative - un marcato accento di colta ed umanistica intellettualità. •o> È dunque facilmente spiegabile che - come assai attendibilmente dice il Vasari - " conosciuto da alcuni suoi amici e del paese e lombardi " e da loro appoggiato, sia stato subito utilizzato come pittore in vista dell'aper- tura dell'anno giubilare (24 dicembre 1499) ed impiegato in va rie opere pubbliche, come " sotto ar chitettore " papale, nelle quali - come nelle fontane - trovasse espressione specialmente il suo estro cr eativo di pittore- ar chitetto capace di risolvere immagini architettoniche ed arredi urbani in termini di spettacolo. Anche se con ogni probabilità era già stato a Roma e se certo conosceva le architetture tardoantiche di Milano e monumenti romani di Lombardia e di Verona, Bra- mante, appena giunto a Roma, non doveva avere ancora una grande ed analitica conoscenza diretta delle antichità romane. Ora - come dice il Vasari, con più tempo che in precedenza e con qualche risparmio a disposizione
- egli è presto impegnato in un nuovo, appassionato e, forse per la prima volta, critico e " filologico ", studio dei monumenti della città. Oltre che la sua opera successiva, a nche l'opuscolo delle Antiquarie prospetiche romane (de- dicato al vecchio amico Leonardo che nel marzo 1501 è a Tivoli ed è anche lui al servizio dei Borgia nel 1502) che il De Angelis d' Ossat ha attendibilmente attribuito a Bramante, 11 > confermano l'indicazione vasariana (fig. 6). In particolare - in un ambiente già da tempo, special- mente nella cerchia dell'Accademia Romana e di Raffaele Ri ario, interessato a Vitruvio - le strutture e gli elementi linguistici dell'antichità, soprattutto gli ordini architettoni- ci, sono messi a critico confronto con le oscure parole del trattatista romano, sono esaminati con nuovi e più scien- tifici strumenti d' indagine, sono oggetto di una nuova comprension e e classificazione. Ma nel già lungo curriculum di Bramante dovevano mancare, o avevano scarsa consistenza, meditate espe- rienze nel campo dell'architettura militare che proprio, invece, costituivano il vanto di architetti come Francesco di Giorgio Martini, Giuliano da Sangallo o come lo stesso Leonardo. Anzi, l'unica, modesta, sua esperienza nel campo delle fortificazioni, svolta per incarico del Moro in Val d ' Ossola, sembra che si fosse risolta in un infortunio o in una '' brutta figura " professionale. 12 > Nè risulta che successivamente lo Sforza abbia mai im- piegato Bramante in opere militari. E, del resto, malgrado l' ingegnosità di alcune soluzioni, anche in seguito Donato si mostrerà più interessato all'aspetto architettonico e rappresentativo che a quello strettamente militare del- l'unica fortezza - quella di Civitavecchia - da lui progettata o di altre rocche nelle quali interverrà. Fin dall'inizio del suo pontificato, Alessandro VI, come è ben noto, si era invece assai preoccupato del pro- blema delle fortificazioni, come dello strumento più effi- cace in rapporto ai suoi ambiziosi disegni politici. E , fin da principio, egli aveva trovato proprio in Antonio Giam- berti, più giovane fratello di Giuliano da SangaUo, l'ar- tefice adatto a soddisfare le sue necessità in questo campo. G ià da allora (1492) questi poteva vantare una sicura esperienza, comune alla famiglia, come maestro di opere di legname e come decoratore e scultore in legno. Come aiuto di Giuliano, e specialmente nella redazione di mo- delli !ignei e di disegni, doveva aver acquisito qualche cognizione di progettazione dell' architettura e doveva aver acquistato una certa pratica di cantiere. Ma in par- ticolare, già prima degli anni ' go, egli doveva possedere
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7 -PIANTA DEL PIANO TERRENO DELLA FORTEZZA PAPALE DJ CIVITA CASTELLANA (da A. GucLIELMOTTI, Storia delle fortificazioni della spiaggia romana Storie della Marina P ontificia, Roma t88o)
una precoce preparazione nel campo delle fortificazioni. l3) Non c'è da stupirsi, dunque, se dal1493 (o 1492), Antonio, forse per la prima volta indipendente dal fratello, è al servizio di Alessandro VI proprio per provvedere alle fortificazioni papali e, in particolare, a quelle di Castel Sant'Angelo l4) la cui nuova cinta quadrilatera, con quattro grandi e bassi bastioni ottagoni, sembra in corso di com- pletamento verso il 1495 insieme al passaggio del Passetto (del quale si parla come completato nel 1497). È possi- bile che nel 1494 Antonio già fosse anche impegnato nella nuova fortezza di Civita Castellana (figg. 7 e 8) i mentre, come esperto di lavori in legno, può essersi occu- pato dell'attuazione del soffitto di Santa Maria Maggiore, forse su disegno di Giuliano, inaugurato il 21 aprile 149 8. 15) Proprio dal 1495 - forse, come è stato supposto, 16 > per la fama acquisita come architetto papale - Antonio, tornato a Firenze, è investito di importanti incarichi. Dopo la fine del novembre 1494 - con l'allontanamento di Giuliano dalla città a seguito della fuga dei Medici da Firenze e con i suoi viaggi a Savona e in Francia al servizio del cardinal Giuliano della Rovere - egli rimane responsabile, e con una notevole autonomia, di lavori iniziati su progetto del fratello. Dall'aprile all'ottobre 1495 egli interviene, con Ventura Vitoni ed Antonio del Pollaiolo, nella messa a punto del progetto (probabil- mente redatto da Giuliano dal 1492 all'ottobre 1494) e nell'inizio della costruzione della chiesa de ll ' Umiltà a Pistoia. I 7J Dal 1495 egli sovrintende alla costruzione della fortezza di Poggio Imperiale e, 1'8 maggio 1497, dagli operai del Palazzo della Signoria è confermato capo- maestro dello stesso Palazzo Vecchio, oltre che dei lavori
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8 -ROMA, ACCADEMIA NAZIONALE DI SAN LUCA OTTAVIANO MASCHERINO: PIANTA DEL PIANO SUPERIORE DELLA FORTEZZA DI CIVITA CASTELLANA (Fondo Mascherino, 2539)
di Poggio Imperiale e della fortezza di Firenzuola. l8) Richiamato dal papa, già forse dal 1499 , egli è a Roma con l'incarico di provvedere alla costruzione delle fortezze papali. C'è il sospetto che l'ambizioso, colto e "neoplatonico" Giuliano - forte di una rara e precoce conoscenza diretta dell'antichità, familiare di Lorenzo il Magnifico (a sua volta non superficialmente esperto e teorico dilettante di architettura), vicino agli umanisti e agli artisti della corte medicea, ricco di conoscenze raffinate e intellettuali - riservasse a se stesso gli aspetti inventivi e progettuali, la parte più strettamente creativa dei suoi incarichi. Ad Antonio dovevano essere destinate le incombenze più pratiche, esecutive e talvolta anche manuali del mestiere: l'andamento quotidiano della bottega di legnaiuolo e di ebanista, con l'esecuzione anche di modelli di edifici, oltre che di elementi !ignei di finitura e di arredo fino alla vera e propria scultura (in legno), e con la stesura grafica di progeto e la partecipazione alla sorveglianza dell'at- tuazione in cantiere. Specie nel campo delle fortificazioni, strettamente legato alla sfera pratica e dove la raffinata cultura architettonica del maestro non poteva avere troppo risalto, è possibile che Giuliano, una volta definito l'im- pianto e il modello progettuale d'insieme, lasciasse sempre di più una certa autonomia al più giovane fratello ed aiuto. È certo, in ogni caso, che in questo ambito - anche probabilmente a contatto con esperti uomini d'arme e con gli esecutori - il temperamento pragmatico e ver- satile, forse privo di eccessive preoccupazioni teoriche ma anche fortemente ricettivo di Antonio, aveva trovato un fertile campo di espressione; tanto-come è stato osser- vato- 1 9l da riuscire ben presto, in questo campo, quasi
7I
I I - CfVITA CASTELLANA, FORTEZZA PAPALE, CORTILE D'ONORE
suggerimento di alcune soluzioni linguistiche nelle parti architettonicamente più raP. Purtroppo non ci è possibile convalidare questa ipotesi con dati documentari oggettivi. Ma, al fine di una sua verifica, ci sembra particolarmente proficuo l'esame di alcune opere, nelle quali presumibilmente intervenne Antonio, specie se l'osservaziOne è concentrata su alcuni loro elementi Linguisticamente più caratterizzanti. Que- st'ultimo campo, infatti, doveva essere quello nel quale Antonio, malgrado le collaborazioni con il fratello e lo studio dell'antichità, doveva essere più inesperto al tempo di queste sue prime opere, d 'impegno non solo militare e costruttivo ma anche architettonico, in senso più gene- rale, e rappresentativo. Oltre che la fortezza di Civita CasteLLana e quella di Nettuno, risalgono probabilmente a questo pe riodo la precisazione dell'ultimo ordine della Loggia delle Bene- dizioni a San Pietro (fig. 1) e i completamenti di Castel Sant'Angelo (fig. 5) come il coronamento del distrutto torrione cilindrico antistante il ponte e il cortile detto del pozzo o di Alessandro VI. La distrutta Loggia delle Benedizioni, 2 3 ) per quanto è possibile dedurre dalla documentazione residua, su piaz- za San Pietro presentava nei due piani inferiori - imziati da Pio II e continuati al tempo di Paolo Il, verosimil- mente seguendo un progetto fiorentino pagato nel 1464 -
proporzioni strette e allunate delle arcate inquadrate da
sernicolonne, su piedistalli, sostenenti una trabeazione
articolata in corrispondenza di esse. Per questi caratteri
i due primi piani della L ogia dovevano avvicinarsi no-
tevolmente agli esempi paohni del complesso di San Mar-
co (fig. 2) e dovevano apparentarsi pure, in parte, almeno
per le allungate proporzioni e il profilarsi della trabeazione,
con la loggia della Villa di lnnocenzo VIII (anch'essa di
progetto fiorentino). L'ultimo pi ano della Loggia delle
Benedizioni doveva invece differenziarsi dai due sotto-
stanti per le proporzioni più pesanti, per la sostituzione
delle colonne con paraste, per la trabeazione continua
conclusa da una cornice a modiglioni - forse in modo
non lontano da quanto avveniva nel cortile della rocca di
Civitacastellana (fig. n) e all'esterno del forte di Nettuno
(fig. 12). È verosimile pertanto che quest' ultimo ordine se-
guisse un nuovo progetto del tempo di Alessandro VI,
secondo un gusto che, a giudicare dai disegni rimastici, non
sembra molto lontano da quello del cortile di Civita Castel-
lana ed anche da successive opere bramantesche. Disgrazia-
tamente l'incertezza della documentazione grafica residua
impedisce raffronti puntuali e provanti; ma certo tale
documentazione conferma in quest'opera un orientamento
" classicista " che trova conferma nelle altre opere papali
di questo tempo, come anche il coronamento del citato
torrione rotondo tra il ponte e il Castel Sant' Angelo (fig. 5).
73
12 - NETTUNO, FORTEZZA DI ALESSANDRO V TRABEAZIONE SUI BASTIONI (da G. SEVERlNI, A rchitetture militari di Giuliano da Sangallo)
In quest'opera 24 } anch'essa distrutta e nota solo attra- verso antiche rappresentazioni, al di sopra del consueto coronamento a beccatelli compariva, come si sa, un fregio espressivamente ma insolitamente caratterizzato da rilievi con bucrani e festoni direttamente ripresi dall'antica de- corazione adrianea del blocco basamentale dello stesso mausoleo. Ques to riferimento così decisamente antiquario faceva assumere all'opera fortificatoria quasi l'aspetto di un antico mausoleo cilindrico del tipo di quello di Cecilia Metella o di q uello dei Plautii a Ponte Lucano presso Tivoli (che era stato oggetto d ' interesse e di un restauro, specie nel co ronamento, al tempo di Paolo II). Questo riferimento ad antichi mausolei era anche evocato dal pa ramento, come più tardi nella fortezza di Civitavecchia, di ben squadrati blocchi di travertino. E in ogni caso un insolito aspetto aulico e rappresentativo doveva risultare particolarmente accentuato (come nella fortezza di Nettuno e poi in quella di Civitavecchia). Questo è un carattere che non troveremo mai nelle fortificazioni, anche successive, curate da Antonio. E se qui, dopo il 1497 , l'intervento di quest'ultimo come architetto papale è assai verosimile per quanto riguarda l'impianto d'insieme e la parte infe- riore del torrione (non senza assonanze, come è stato notato, 2Sl con il torrione vaticano di Nicolò V) non sembra si possa escludere senza esitazioni, almeno per il suo coronamento, un suggerimento di Bramante che più tardi proporrà a Giulio II di completare il torrione di Nicolò V in forma di p eriptero rotondo e progetterà in forme fortemente rappresentative la fortezza a mare di Civitavecchia. 26 > Ma il caso più importante per quanto riguarda gli orientamenti " classicisti " romani tra il 1499 e il r 500 è costituito dal cortile d'onore della fortezza di Civita Castel - lana (fig. u) il cui carattere monumentale era imposto dalla sua connessione con l'appartamento papale, ubicato sul-
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l'ala opposta all'ingresso, a l secondo piano, seguendo uno
schema distributivo che tornerà più volte nell'opera bra-
mantesca. Qui la presenza di Antonio è sicuramente e
largamente documentata almeno ll'ottobre 1499 al-
l'aprile 1501 e quasi certamente _51 prolunga fino alla
morte di Alessandro VI (1503) nsultando esattamente
coeva all'intervento di Bramante nel chiostro della Pace 27l
e mentre anche quest' ultimo (come Leonardo) è al servizio
del Borgia.
Alcune osservazioni sull'impianto complessivo del cortile
(fig. 13). Questo occupa un ~etangolo ml 22 , 50 x m1 30,
circa) il cui lato corto è cstitwto da cmque ar<?ite mntre
il la to lungo è sviluppato m sete a cate: Tuttavta la l!Isur
media (ml 3, 22) delle arcate de1 _lati com--:-su un? d e1 quali
è collocato l'ina resso allo spazJO del cortile - e notevol-
mente maggior~ di quella (media ~ 3,03) dei lat}. lunghi.
Questa circostanza può essere sp1ega~ cm .e ~ trreg?la-
rità di costruzione dipendente da rag10ru d1 tipo pratico.
Ma di fatto, il risultato è che il co rtile, per chi accede ad
ess , si presenta visivamente più. svl uppato in profondità
(in un rapporto che appare d1 cmque a sette, 1 : I t4 ,
mentre è di r : 1,338) d1 quanto non accadrebbe se le
ar cate fossero di uguale misura su tutti i lati. C'è dunque
un tentativo di " illusionismo " prospettico, così come
nell'opera bramantesca a Milano e a Roma, gius tifi car
dalla volontà di " allontanare " visivamente la parete d
fondo con il fronte dell'appartamento papale adornato a l
piano superiore di monumentali finestre coron_ate m
pano (e molto vicine a quelle del futuro cortil mfenore
del Belvedere), così come appare nel noto diSegno (U
4307 A) di Aristotile da Sangallo (fig. 14)..
L o schema di due piani di arcate inquadrate da ordim
non comparirà più nella successiva .opera d i Antonio
mentre tornerà più volte nell'opera dt Bramante (ad 7s.
nel loggiato di San Damaso e a L oreto). forse ugge1 t~
da Vitruvio che prescrive un secondo ptano dt logg1 ati
attorno al foro (che D onato assimila ad un grande co rtile)
al fine di consentire l'osservazione di eventuali spettacoli.
Ancora la ca nonica successione di tusca nico (o dorico)
e di io'nico può indica re una nuova att enzione nell'im:
piego degli ordini che sarà tipi ~ di Brar:nante. ,No st
può escludere dunque un suggerunento d1 quest ultimo.
M a tutte qut:ste pos so o ess re o inci?e. priv~ di
significato. Più mtees san ~1 - a1 fim dll mdiv1 duaz10ne
di eventuali suggenmen~ ~ramantes<;:hi -. può .essere
l'osservazione della preciSaziOne ar ch1tettomca det par-
titi impiegati e, specialmente, dei loro particola ri.
L'insieme in elevazione (figg. 15- 18) - precisato certa-
mente da Antonio nelle sue proporzioni e ne l suo carattere
- risulta a prima vista ca ratterizzato, co me è s tato nota-
to 2 8 ) da un' intonazione "romana" - più che " tosca-
n;" - e classicheggiante, accentua~
ll'uso d mate- r iali e dalla robustezza delle proporztom, genen camente sulla linea degli esempi quattrocenteschi del! ~ L oggia delle Benedizioni e del cortile di Palazzo Venezta. Malgrado l'adozione di paras te, invece che di ~ec~ lonne .' q~ un gusto caratte ristico per strutture grev1, trt~enston ~ ~a scarsamente dinamiche, sembra voler ademe alla masstcoa corposità dei prototipi romani. Più di quant non avvenga nelle opere di Giuliano ed anche del pnmo Bramante romano si ha un' impressione di accentuato, seppur ar- caico e quasi " etruschizzante ", "cla_ssic_ismo ". 29 >. Si può fo rse cogliere, in particolare, un rifenme':lto. piuttosto diretto al Colosseo (fig. 19) 30 > dal q uale S I nprende lo schema dei due primi ordini-il primo, toscano, poggiato a terra il secondo, ionico, su piedistallo - e del quale, pur ~ n ingenua secchezza quattrocentesca, si vuol forse
14 - FIRENU:, UFFIZI, C. D. 4307 A - ARISTOTILE DA SANCALLO: DISEGNO DEL CORTILE DELLA FORTEZZA DI CIVITA CASTELLANA (Lato dell'appartamento papale)
15 -SEZIONE LONCITUDINALE DELLA FORTUZA PAPALE A CIVITA CASTELLANA (disegno di S. Rezzi)
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16-PROSPETTO E SEZIONE DEL CAMPATA TIPO NEL CORTILE D'ONORE DELLA FORTEZZA PAPALE A CIVITA CASTELLANA (disegno di S. Rezzi)
re ndere il vigore tettonico anche accentuando il valore dei conci radiali delle arcate e il significato costruttivo della pietra da taglio (è possibile che, come nel chiostro dell a Pace, un sottile velo d 'intonaco volesse simular e il traver - tino ed uniformare le scabrosità e le diverse qualità della pietra tufacea impiegata). Tuttavia, in realtà (come nella precedente opera di Giuliano e ancora in quella coeva di Bramante, dal convento della Pace al Palazzo di Adriano di Corneto) malgr ado u n'emotiva adesi one alla tettonici tà antica, un vero e proprio riferimento ar cheologico e filo- logico investe quasi solo alcuni elementi; senza andare molto oltre, nella sostanza, l' interpretazione dell'antico offerta dai modelli romani quattrocenteschi e senza mani- festare ancora u na nuova e penetrante interpretazione gl obale dell'architettura del mondo romano che comporti
una revisione completa della concezione dello spazio e delle strutture. La pr ecisazione del partito impiegato nel piano infe- riore, con l'ar co inquadrato da un ordine toscano privo di piedista llo non ha molti precedenti rinascimentali che po- tevano essere noti ad Antonio. 3•l L ' ordine toscano p re- senta ca ratteri di arcaica e seve. ra austeri tà, adatta al- l' edificio militare nel quale si colloca, che lo differenziano in parte da quasi tutti gli esempi precedenti e lo acco- stano, per l'intonazione complessiva, soprattutto al mo- dello del Colosseo (fiç. Ig). Tuttavia, specie per le sue proporzioni dilatate (fig. I8) (rapporto di circa I a 2 e I / tra il pilastro e il vuoto - contro, ad esempio, I a 2 nel Colosseo-e di I a I e I / 2 - contro I a 2 nel Colosseo- del rettangolo delimitato dalle paraste, dal pavimento e
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18-SCHEMA DELLE PROPORZIONI DELLA CAMPATA TIPO NEL CORTILE D'ONORE DELLA FORTEZZA PAPALE A CIVlTA CASTELLANA (disegno di S. R ezzi)
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19-ELEMENTI DI FACCIATA E PARTICOLARI DEL COL OSSEO (da S. SERLIO, Libro III, c. Sr)
20 - CIVITA CASTELLANA, FORTEZZA PAPALE CORNICE D'IMPOSTA DELL'ARCO DE PIANO INFERIORE
dalla linea inferiore della trabeazione) pur con accentuate differenze tra il lato breve con ritmo più ampio e quello lungo più contratto, oltre che per l'assenza di piedistallo, esso si avvicina specialmente agli esempi giulianeschi della palazzina romana di Giuliano della Rovere, della basis villae di Poggio a Caiano e del cortile di Bartolomeo Scala a Fi- renze. h particolare, tuttavia, a Civi ta Castellana il rapporto tra la larghezza della parasta e l'intero piedritto murario (vicino a I a 3, con qualche riferimento all'esempio di Poggio a Caiano); e la precisazione degli elementi è ben lontana dalla raffinata e " ornata " ricercatezza delle opere di Giuliano che tuttavia sono rievocate in alcuni parti- colari. Le robuste paraste toscane (o "doriche" : non sembra qui avvertibile una consapevole distinzione tra i due ordini come tra poco avverrà in Bramante) - forse vitruvianamente, proporzionate nel rapport o di I a 7, compresi capitello e base - possono ricordare quelle, seppure assai più tozze, di Poggio a Caiano; le g hiere del- l'arco (fig. 20), segnate solo dalla gola marginale di cimasa, rimandano a quelle del cortile di Bartolomeo Scala (ma forse anche a quelle della vicina Porta Giove di Falerii Novi, più tardi disegnata dal nipote Antonio, alla quale può anche far riferimento la cornice d'imposta, original- mente a gola rovescia di queste arcate). Non molto consueto è il tipo di base, impiegato per le paraste e che si prolunga nei piedritti dell'arco (figg. 2I e 22). Essa mostra una profilatura nella quale il consueto toro inferiore dell' universalmente diffuso tipo "attico" è sostituito da un'ampia e schiacciata modanatura a gola rovescia riprendendo un modello impiegato per lo più, nell'architettura romana, nei basamenti continui di templi o negli archi trionfali (Arco di Settimio Severo, Arco di Giano, Arco di Costantino e, con maggiore ricchezza, Arco di Tito). A sua volta nel capitello tuscanico (figg. 23 e 24 ) il consueto echino a quarto di cerchio è qui sostituito da una robusta gola diritta secondo un modo pur riscontra- bile ma non molto frequente a Roma 32) e invece diffuso nell'Italia settentrionale e nelle G allie, 33) tanto che da alcuni è detto " gallico ". Questo profilo può anche ricor-
21 -CIVITA CASTELLANA, FORTEZZA PAPALE BASE DEL PILASTRO TUSCANICO
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22 - CONFRONTO DELLA BASE DEL PILASTRO TUSCANICO DEL CORTILE DI CIVITA CASTELLANA CON ESEMPI ROMANI E RINASCIMENTALI: A) Civita Castellana, Fortezza papale, base della parasta tuscanica; B) Milano, Basilica di Sant'Ambrogio, chiostro 11 dorico", base della colonna; C) Roma, Colosseo, ordine tuscanico; D) Roma, Arco di Tito, basamento piedistallo; E) Roma, Arco di Giano, basamento piedistallo; F) Roma, Arco di Costantino, basamento piedistallo; G) Roma, Arco di Settimio Severo, basamento piedistallo; H) Roma, Palazzo Giraud-Torlonia, già Palazzo Castellesi, basamento esterno; I) Città del Vaticano, Belvedere, cortile superiore, basamento piedistallo; L) Città del Vaticano, Cappella Sistina, base della parasta; M) Viterbo, Rocca, corti/P, base della parasta dell'ordine tuscanico; N) Roma, Villa papale della Magliana, loggia, base della parasta; 0) Viterbo, Chiesa di Santa Maria delle Fortezze, interno, base della parasta dell'ordine tusca.
dare la sagomatura di alcune cornici romane d 'imposta di archi, come quella del primo ordine del Teatro di Mar- cello, nelle quali la successione delle modanature può ri- chiamare il profilo di un capitello tuscanico. 34) Ambedue queste soluzioni indicano scelte non molto consuete, significative di un gusto piuttosto raffinato ed originale. Esse sembrano indicare, inoltre, un autonomo studio diretto delle antichità romane da parte di Antonio che può non stupire sia in considerazione del precoce e prolungato impegno del fratello Giuliano in questo campo sia considerando i disegni di antichità che gli sono at- tribuiti. Basi di tipo non molto lontano da quello collocato nelle paraste toscane di Civita Castellana forse vogliono interpretare, arricchendole sulla base dello studio di altri monumenti antichi, quelle, più semplici ma non " atti- che.", probabilmente assai consunte e al te mpo di An- tom sco arsamente visibili e interpretabili, inserite nel primo ordine, "tuscanico ", del Colosseo. lndichereb-
bero dunque un'attenzione aU'individuazione delle ca- ratteristiche specifiche dei singoli ordini che sembra caratteristica in questi primi anni romani di Bramante. È poi un caso che ambedue queste soluzioni non usuali trovino riscontro nell'opera bramantesca più che in quella di Giuliano o in quella successiva dello stesso Antonio? Basi accostabili a questo tipo erano sporadicamente com- parse, in realtà, già in precedenza (ad esempio nelle para- ste dipinte della Cappella Sistina) e compariranno, per probabile intervento d i Giuliano da Sangallo, nelle paraste toscane della loggia della villa della Magliana. Compaiono anche nel basamento del press'a poco coevo palazzo bra- mantesco del cardinal Adriano di Cometa e, più tardi, nei piedistalli del cortile superiore del Belvedere - il che appare più conforme agli esempi romani - ma pure, secondo un quasi certo progetto di Bramante, nelle pa- raste toscane della Rocca di Viterbo (1505-o6 ca.), nei pilastri interni di San Celso (1509; cfr. U 875 A) e nei pi-
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Ioni toscani della cupola della chiesa di Santa Maria delle Fortezze (progetto anteriore al giugno 1514) anche a Vi- terbo (fig. 22). Così pure capitelli "toscani", con l' echino costituito da una gola diritta, oltre che nel cortile della Cancelleria, compaiono nelle paraste del sottoportico del cortile della Pace, nei pilastri del cortile di Adriano di Corneto e, più tardi, nelle paraste " tuscaniche " della loggia bramantesca di San Damaso (oltre che in opere come il Tempietto di San Giovanni in Oleo e più tardi neH'opera di Antonio da Sangallo il Giovane) (fig. 23). Senza, certo, voler proporre una del tutto improbabile paternità bramantesca del cortile di Civita Castellana - ed anzi confermando Antonio come sostanziale " autore " del partito del cortile - è possibile pensare a consigli, a marginali suggerimenti di Bramante? L'elegante e ancor gracile " classicismo " intellettualistico del coevo chiostro della Pace è, certo, per molti versi agli antipodi dell'interpretazione dell'antico emergente a Civita Castel- la na. 35) Tuttavia tra le due opere risultano sorprendenti
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concomitanze ed uno scambio tra i due architetti ci sembra tutt'altro che improbabile (nè il debitore dovè essere solo Antonio). Se dei dubbi possono sussistere circa possibili suggeri- menti bramanteschi riguardo i particolari del partito del piano inferiore di Civita Castellana, più accentuati ri chiami a particolari linguistici tipici dell'urbinate compaiono nel piano superiore. Intanto, come nel chiostro della Pace, e in modo ben diverso che negli esempi romani, la tra- beazione del piano inferiore non corrisponde alla quota del pavimento ma la supera formando pa rapetto del piano superiore e costituendo (per la diversa scala, in modo piuttosto illogico rispetto alla proposta bramantesca) appoggio dei piedistalli dell'ordine ionico. Malgrado le assai tozze proporzioni di quest'ultimo, l'impiego dello ionico su piedistalli accosta questa soluzione a quelle bramantesche (dal chiostro della Pace, al Belvedere, al loggiato di San Damaso) più che a quelle di Giuliano o a quelle successive dello stesso Antonio.
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23 - CONFRONTO DEL CAPITELLO DELLA PA TUSCANICA DEL CORTILE DI CIVITA CASTELLANA CON ESEMPI ROMANI E RINASCIMENTALI: A) Cil;ita Castellana, Fortezza papale, capitello della parasta tuscanica; B) Disegno di capitello "in op a drio al pallacio di Santo apostollo" da U. 1541A. di Fra' Giocondo; C) Disegno di capitello "alla torre delle m" da U. 1600A. di Antonio da Sangallo il Vecchio; D) Pola, Arena; E) Verona, Arena; F) Disegno di colonna "apud Capitolium" da cod. "Coner "; G) Roma, Tearro di Marcello, primo ordine, capitello d'imposta dell'arco; H) Roma, Palazzo della Cancelleria, cortile (la stessa tipologia di ordine si ritrova nel codice "Coner" ed in un disegno di Antonio da Sangallo il Vecchio, U. 1598v. A.); I ) Roma, Palazzo Giraud-Torlonia, già Palazzo Castellesi, cortile, capitello del pilastro; L) Roma, Tempietto di San Giovanni in oleo; M) R oma, Farnesina; N) Città del Vaticano, Loggia di San Damaso.
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G H 26 - CONFRONTO DELLA TRABEAZIONE TERMINALE DEL CORTILE DI CIVITA CASTELLANA CON ESEMPI ROMANl E RmASCIMENTALI: A) Civita Castellana, Fortezza papale, cortile, ultima trabeazione; B) R oma, Colosseo, ultima t r abeazione; C) Rimini, Ponte di Augusto; D) Roma, Foro di Augusto, cornice del muro a lato del tempio di Marte Ultore; E) Roma, Pantheon, seconda cornice esterna; F) Civitavecchia, Fortezza, trabeazione esterna; G ) Nettuno, Forte, trabeazione esterna; H ) Capodimonte, Castello Farnese, cortile, ultima t r abeazione.
cedente, del Colosseo, costituisce un'originale interpreta- zione presumibilmente bramantesca (fig. 26). Questa di Civita Castellana è, nella sostanza, un'inge- gnosa invenzione rinascimentale, diversa ma significativa- mente assonante con quella della Cancelleria e della Pace. Diversi spunti sembrano convergere a formare un insieme semplice e vigoroso; particolarmente adatto sia al tipo di edificio - una fortezza con residenza papale - nel quale è collocato sia al luogo specifico del partito - il coronamento del secondo ordine e quindi la conclusione della parete-nel quale s'inserisce. Lo schema d'insieme di una normale e generica trabeazione romana - archi- trave a fasce, fr egio liscio, cornice a modigliooi - è fortemente semplificato senza tuttavia omettere le sue parti caratterizzanti. La serie di modanature (gola ro- vescia, dentelli, ovoli) normalmente interposta tra il fre- gio e il gocciolatoio a formare la " sottocor nice " è qui sostituita da una sola modanatura toriforme di appoggio delle robuste mensole, desunte dal Colosseo, direttamente P, in sostituzione degli usuali modiglioni, a sorreggere il gocciolatoio.
Ora, questa trabeazione - insieme a quella assai ptu usuale e convenzionale dell'ordine inferiore - sarebbe la prima o una delle primissime trabeazioni che Antonio progetta in modo autonomo, libero dal controllo del fratello G iuliano. Ma è verosimile che - con la sua creativa interpretazione di modelli antichi, le sue asso- nanze con l'opera bramantesca e, soprattutto, con la sua sicura intelligenza critica e quasi intellettualistica nella risoluzione logica ma " estetica " di un sottile problema architettonico - sia invenzione di una personalità potente e spregiudicata ma istintiva e poco intellettuale come quella di Antonio, oltre tutto, nel campo delle forme architetto- niche, quasi ancora, qui, un principiante? È poi sorpren- dente, in ogni caso, che una trabeazione di forma quasi identica sia impiegata tra pochi anni (1509 ca.) da Bra- mante a coronamento dell'esterno della fortezza di Civita- vecchia (fig. 26). È pure sorprendente che, ancora, una trabeazione di questo tipo, ma con mensola a gola diritta, compaia - sembra prima del I 503 - anche nel borgiano forte di Nettuno, anch' esso quasi certamente progettato da Antonio (fig. 12).40l
È da osservare poi che se è logico che una trabeazione di forme robuste e sintetiche completi il partito di un cortile con arcate e paraste inserito in un' opera militare come la fortezza di Civita Castellana, è certo un' idea piut- tosto bizzarra, invece, sostituire le correnti, funzionali, soluzioni di coronamento di una fortezza, direttamente condizionate dalle spietate esigenze dell' arte della guerra, con una trabeazione desunta dal classico linguaggio degli ordini. E l'idea è certo legata ad una volontà di caratte- rizzazione in senso aulico e monumentale, allusiva alla presunta potenza " imperiale" antica trasferita ai pon- tefici romani. Ma questa esibizione di " classicismo " in una fortezza - come nel coronamento del torrione di Castel Sant' Angelo e a Nettuno; e poi, ad opera di Bra- mante a Civitavecchia - non ci sembra trovi riscontro nè nelle fortificazioni, ad opera di Antonio, di un antico mausoleo imperiale e fortezza pontificia per eccellenza come Castel San t'Angelo, n è nelle sue successive fortezze e neppure in quelle di altri maestri di fortificazioni, da Francesco di Giorgio a Giuliano da Sangallo ad Antonio il Giovane, al Sanmicheli (con la sola eccezione del Pe- ruzzi nel baluardo presso Porta Pispini a Siena). Non soltanto le fortezze precedenti ma anche quelle successive nelle quali potè intervenire Antonio Giamberù - da Sarzana e Sarzanello a, come abbiamo accennato, Castel Sant'Angelo e poi a Nepi, all'esterno di Civita Castellana a, dopo il 14 95, Poggio I mperiale e a Firenzuola, fino a Li- vorno e a Pisa-mai presentano questa eccezionale parti-
27 - CIVITA CASTELLANA, FORTEZZA PAPALE, BASTIONE EST CORONAMENTO
28 - CONFRONTO TRA TRABEAZIONI ANOMALE ASSIMILABILI A QUELLA DEL POZZO DI ALESSANDRO VI IN CASTEL SANT'ANGELO: A) Roma, Castel Sant'Angelo, pozzo di Alessandro VI; B) Genazzano, Castello, Colonna, ninfea; C) Roma, Tempietto di San Pietro in Montorio, cupola, trabeazione del tamburo; D) Città del Vaticano, Belvedere, scala a lumaca; E) Roma, Castel Sant'Angelo, cortile di Leone X.
1551882172050 09 - Bruschi
Corso: Storia dell’architettura (Icar 18 )
Università: Università Iuav di Venezia
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